Per la comunità di volontari che collabora ai progetti Wikimedia i concetti di condivisione delle informazioni e loro libero riutilizzo costituiscono una sorta di stella polare di riferimento. All’insegna di queste parole d’ordine si colloca la manifestazione organizzata martedì 4 luglio 2017 presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, per l’inaugurazione della mostra d'arte e fotografia Opera Libera, alla quale ha fatto seguito una tavola rotonda sul tema «“Il valore dell’eredità culturale per la società”. Il libero riuso della fotografia oltre il tabù del lucro»

Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Per la comunità di volontari che collabora ai progetti Wikimedia i concetti di condivisione delle informazioni e loro libero riutilizzo costituiscono una sorta di stella polare di riferimento. All’insegna di queste parole d’ordine si colloca la manifestazione organizzata martedì 4 luglio 2017  presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, per l’inaugurazione della mostra d’arte e fotografia Opera Libera, che raccoglie le opere prodotte nell’ambito dei progetti Wiki Loves Monuments, Connected Open Heritage e del concorso di arte contemporanea  EneganART, presentandole in un silenzioso dialogo con i preziosi reperti conservati nelle sale del museo.

Le opere esposte nascono dalla riscoperta del patrimonio artistico, culturale e archeologico come bene appartenente a tutti, opera libera sia come contenuto svincolato da limitazioni e licenze, sia come bene culturale fisicamente fruibile da parte di chiunque e liberamente riproducibile. Dopo la conferenza stampa di inaugurazione della mostra, si è tenuta una tavola rotonda sul tema «“Il valore dell’eredità culturale per la società”. Il libero riuso della fotografia oltre il tabù del lucro», alla quale sono stati invitati a partecipare, oltre a Valentino Nizzo, direttore del Museo di Villa Giulia, Lorenzo Casini, consigliere giuridico del MiBACT, Cecile Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze, Lorenzo Losa, presidente di Wikimedia Italia, Tiziana Maffei, presidentessa ICOM, Rosa Maiello, presidentessa AIB, e Giorgio Resta, docente di Diritto privato comparato all’Università Roma Tre. A loro è stato chiesto di discutere due argomenti che stanno particolarmente a cuore a quanti collaborano a Wikimedia: la libertà di panorama, particolare diritto concesso a chi fotografa di riprendere monumenti e opere soggetti alla legge sul diritto d’autore e oggetti e opere d’arte tutelati dal Codice dei beni culturali, e il libero riuso, anche commerciale delle immagini dei beni culturali.

Dal doppio giro di interventi sono emersi molti spunti di grande interesse, dei quali si ritiene utile fornire una breve sintesi, ricordando in premessa che il recente decreto ArtBonus e Turismo, approvato il 28 luglio 2014, ha introdotto sull’argomento significative aperture, disponendo sia la gratuità delle riproduzioni richieste da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione che la libertà di riproduzione e divulgazione delle immagini dei beni culturali per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale, purché, in entrambi i casi, non vi sia scopo di lucro, neanche indiretto.

Il consigliere giuridico del MiBACT ha illustrato il punto di vista dell’amministrazione, precisando in primo luogo che in Italia la libertà di panorama è fuori discussione in quanto è sempre possibile scattare foto che ritraggono edifici, purché per uso personale o di scambio. Il limite sorge quando la riproduzione avviene per finalità lucrative, perché il diritto a ricavare un profitto dalla riproduzione delle immagini fa capo al soggetto che possiede o ha autorità sul bene riprodotto. La stessa distinzione si applica a tutti i beni culturali – comprese le pubbliche vie e piazze, che hanno più di 70 anni e il cui autore non è più in vita – che possono essere liberamente riprodotti per finalità non commerciali ma sono vincolati rispetto a utilizzazioni a scopo di lucro. Questo impianto normativo fino ad oggi ha garantito la tutela dei beni culturali e secondo Casini introdurre modifiche potrebbe rivelarsi molto rischioso, anche per l’oggettiva debolezza dell’amministrazione che probabilmente non sarebbe in grado di svolgere un adeguato controllo degli sfruttamenti commerciali, come d’altra parte non riuscirebbe a fare cassa con i diritti legati alle immagini. La riproduzione deve quindi essere certamente favorita, ma intervenire per intercettare un uso improprio rientra tra le funzioni di tutela che lo Stato ha il compito di svolgere, anche limitando profondamente la proprietà privata.

Di parere molto diverso Giorgio Resta che, rifacendosi anche a sentenze emesse in Francia e Germania, ritiene assolutamente illegittimo il comportamento delle pubbliche amministrazioni che subordinano al pagamento di un canone la riproduzione, anche a scopo commerciale, di beni culturali liberamente visibili. A suo parere, l’immagine è da considerarsi come un’informazione, bene che non si depaupera nel consumo: più persone possono godere dell’immagine ossia dell’informazione, senza che il bene ne risulti deperito.

Le ipotesi di monopolio sull’informazione previste dal diritto occidentale sono sempre state in numero ridotto– diritto d’autore, diritto sul marchio etc. – per non limitare le possibilità concorrenziali e creative della collettività su un certo bene: monopoli di tal genere sono stati creati solo quando i benefici sono stati individuati come superiori ai costi, come nel caso della produzione di un nuovo bene – una nuova auto industriale coperta da brevetto, un romanzo coperto da diritto d’autore. Quando il bene già esiste e non lo si deve produrre, quando il diritto d’autore decade perché sono trascorsi più di settanta anni dalla morte dell’autore non c’è più ragione sostanziale per limitare la libera riproducibilità di un bene.

A fronte dell’obiezione che la riproduzione dei beni culturali potrebbe generare introiti da destinare alla conservazione e alla tutela degli stessi beni, Resta sostiene che i profitti che la comunità può trarre dalla libera riproduzione delle immagini sono superiori a quelli generati da un regime di monopolio.

Infine, a suo parere, lo Stato italiano non può arrogarsi il diritto di decidere come si trasmette la cultura o quale sia il suo significato: i beni culturali sono patrimonio dell’umanità, la cui circolazione deve essere libera. La giurisprudenza interviene in caso di violazione di interessi reali ma è invece impossibile, e rischioso, pensare a una tutela preventiva non solo dei profitti ma anche dei significati.

Lorenzo Losa ha esposto il principio nel quale si riconosce la comunità di Wikimedia, progetto collaborativo rivolto a dare la massima diffusione alla conoscenza dei beni culturali, nella convinzione che far conoscere un’opera è un efficace strumento di difesa e protezione (ad esempio, ne scoraggia la circolazione clandestina) e ne mantiene la memoria in caso di perdita. La possibilità del riutilizzo anche commerciale delle informazioni apre opportunità imprevedibili, con ritorni concreti anche ad esempio in termini di flussi turistici, come dimostrato studiando gli effetti di usi indiretti di informazioni presenti su progetti Wikipedia.

La presidentessa di ICOM si è espressa a favore della libertà di panorama, ricordando che in Italia esiste una stretta connessione tra patrimonio culturale conservato nei musei e paesaggio esterno, e si è chiesta polemicamente se fine ultimo dell’attività dei conservatori dei musei sono gli oggetti o la crescita culturale della comunità e se deve essere tutelato il diritto dell’oggetto o quello della dimensione pubblica della comunità nei confronti del paesaggio. A suo parere esiste infatti una responsabilità personale e collettiva nei confronti del paesaggio e la libera circolazione delle immagini permette di creare una narrazione dei luoghi, la cui riconoscibilità è un elemento identitario per la comunità di appartenenza. In merito al libero utilizzo delle riproduzioni digitali, queste costituiscono una grande opportunità per gli istituti di cultura che hanno tra i loro compiti la circolazione della conoscenza a fini educativi: la cultura è un diritto di tutti e la tutela non può essere esercitata solo dallo Stato ma dall’intera comunità, resa consapevole del valore dei beni che possiede.

Nel sostenere con alcuni esempi positivi la liceità dell’uso commerciale delle riproduzioni, il direttore del Museo etrusco ha invitato i conservatori dei beni culturali a guardare con favore ai grandi progetti di comunicazione del patrimonio condotti da società private dotate di mezzi finanziari tanto superiori a quelli della pubblica amministrazione e nello stesso tempo a sforzarsi di trovare gli strumenti per aprire una trattativa sulle modalità da adottare per condividere i valori del nostro patrimonio culturale. Ha proposto quindi grande apertura, ma richiamato con forza l’esigenza di definire le regole per la comunicazione.

Anche la presidentessa dell’AIB ha concordato con gli altri relatori nel promuovere la più ampia partecipazione al riutilizzo del bene culturale, che muore se rimane statico, mentre con la diffusione ne sono assicurati la conservazione e l’accesso a lungo termine.; Dopo aver ricordato che la prima delle cinque leggi della biblioteconomia recita: “i libri sono fatti per essere usati”, ha presentato un excursus della normativa sull’argomento prodotta dalla Commissione Europea, che afferma la necessità di garantire la disponibilità dei beni culturali in pubblico dominio.

A proposito della libera circolazione delle riproduzioni digitali, ha messo in dubbio che lo strumento giuridico adeguato sia quello della proprietà esclusiva, esprimendo preoccupazione per il ricorso ai diritti esclusivi in un ambiente come quello digitale che sembra fatto apposta per aprire le porte.

Una voce diversa è stata quella di Cecile Hollberg, che, ricordando come la Galleria dell’Accademia sia universalmente nota soprattutto perché conserva il David di Michelangelo, ha lamentato la diffusione incontrollata dell’immagine di questa opera d’arte, che viene ripresa e utilizzata per i più diversi scopi: ne deriva un danno che non è soltanto economico ma anche dal punto di vista del decoro. Dovrebbe essere possibile contrastare l’uso anomalo delle immagini dei beni culturali, che invece è giusto che siano liberamente utilizzate ad esempio per le pubblicazioni scientifiche.

In conclusione della mattinata, dal pubblico è venuta la testimonianza di un episodio positivo generato dal riuso di un bene culturale di pubblico dominio: la Biblioteca comunale di Trento, grazie a un progetto di servizio civile, ha reso disponibile attraverso Wikipedia la digitalizzazione di una mappa della città del 1915, alla quale altri hanno sovrapposto una mappa odierna, realizzata in modo aperto e collaborativo nel progetto OpenStreetMap, per creare nuove visualizzazioni che evidenziano tutto quello che è cambiato e tutto quello che è rimasto uguale a distanza di un secolo. Si è venuto così a creare un corto circuito spazio temporale che sollecita i cittadini nella ricerca e riscoperta di angoli oggi modificati della loro città.

Per saperne di più:

Le registrazioni degli interventi si possono ascoltare nel sito di Wikimedia Italia  http://www.wikimedia.it/

I progetti della Biblioteca comunale di Trento sulle piattaforme Wikimedia
La descrizione del progetto su Cesare Battisti

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