Sulla breccia della riflessione tecnica, gli archivisti tentano di individuare, proporre e definire un modello di Conservazione digitale affidabile in termini di garanzia e sostenibilità. Per farlo dovremmo, in primo luogo, aver cura di disambiguare il concetto stesso di ‘conservazione’ sforzandosi di ricondurlo alla tradizione.

Da un lato la ‘preservazione’ a monte della selezione e scarto, conservazione sostitutiva, consolidamento probatorio, archiviazione e trattamento, storage and handling, dall’altro conservazione a lungo termine a valle della selezione e scarto.

E’ opinione diffusa e ampiamente sostenuta che il digitale debba ridefinire le dinamiche e gli aspetti stessi della conservazione e non adattare tempi, modi e ritmi legati alla tradizione analogica. Scrive recentemente Gianni Penzo Doria nel suo articolo ‘Dal bit al sistema, cosa ci insegna l’esperienza internazionale’: “Un sistema di conservazione evoluto non si limita alla trasformazione di un documento analogico in bit, ma ripensa un ciclo di vita in modo interamente digitale: per questo si parla di conservazione in ambiente digitale […] chi de-materializza non digitalizza”. La conservazione in ambiente digitale al netto di buonissimi propositi, ha tuttavia bisogno di esperienze rassicuranti e traguardi misurabili.

Conservare digitalmente oggi, significa scegliere avendo in mente in primo luogo la garanzia, la sicurezza, l’affidabilità, e la stabilità dei documenti, espressi e veicolati in forma di dati. Se qui da noi i data-center, iniziano ad essere percepiti come obsoleti (si intravede nell’attesa presentazione del Piano triennale del commissario al Digitale Piacentini, lo stop alla costruzione di nuovi data center per le pubbliche amministrazioni) viene naturale immaginare la ‘nuvola’.

In altre parti del mondo, sulla nuvola ci sono andati da un pezzo. Alcuni di loro, nell’abstract di un recente Panel dal titolo ‘Trust in the Balance: Data Protection Laws as Tools for Privacy and Security in the Cloud’ scrivono: ‘un detto popolare afferma: ‘non c’è nessun cloud, è solo il computer di qualcun altro’. Nonostante la perdita di controllo derivante dal suo utilizzo, sempre di più i record di rilevanza critica sono destinati al cloud, con una crescente preoccupazione per ciò che riguarda la loro sicurezza e la tutela dei dati personali che contengono’.

Nel frattempo, meno seriamente (o forse più consapevolmente chi può dirlo) sull’isola di Spitsbergenin, nell’arcipelago delle Svalbard i norvegesi hanno dato vita alla ‘Doomsday Library’ invitanto tutti i paesi del mondo a inviare le versioni digitalizzate delle loro opere più significative.

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