Fino al prossimo 2 dicembre, gli Archives Nationales di Parigi — nel sito di Soubise, nel Marais— dedicano una ricca mostra a Patrice Chéreau (1944 – 2013), grande regista di teatro e di cinema, ricostruendone la traiettoria artistica e l’impegno culturale con una precisione filologica degna di nota, sostenuta da un vasto apparato iconografico e documentario.

La mostra Patrice Chéreau à l’œuvre è stata realizzata da una fruttuosa collaborazione fra gli stessi Archivi nazionali e l’Università di Paris 1 Panthéon-Sorbonne, che da alcuni anni propone formazioni di qualità nell’ambito dell’archivistica per l’audiovisivo e per il cinema.

Chéreau, venuto a mancare prematuramente pochi anni fa, è stato, a partire dagli anni Sessanta, uno dei protagonisti indiscussi del rinnovamento del teatro francese ed europeo, avendo firmato importanti regie di opere liriche e di spettacoli in prosa, oltre che, a partire dagli anni Novanta, di alcuni film. Qualcuno forse ricorderà una sua messa in scena, discussa e acclamata, del Tristan und Isolde wagneriano, in occasione della stagione 2007/2008 alla Scala di Milano. Quella fu una delle ultime regie di Chéreau, che già molti anni prima, nel 1976, aveva lavorato su Wagner, proponendo una contestata messa in scena de L’anello del Nibelungo a Bayreuth, in Germania.

Ma nel 1959, Chéreau è solamente un giovanissimo studente del Louis-Le Grand, un liceo borghese del centro di Parigi; è lì che inizia ad avvicinarsi al mondo del teatro, partecipando ad alcune regie di spettacoli, realizzati insieme ad altri studenti, e frequentando assiduamente gli spazi culturali del quartiere — cinema e teatri in particolare. Sprovvisto di una formazione precisa in ambito teatrale (che in Francia passa ancora oggi per istituzioni e scuole molto selettive), Chéreau inizia giovanissimo a curare la regia di alcuni spettacoli, lavorando su testi e autori della tradizione: Victor Hugo e Lope de Vega. Una messa in scena di Fuente Ovejuna di Lope varrà, del resto, a Chéreau e alla sua troupe due premi teatrali, in occasione di un festival universitario nella Germania federale.

Quel momento (Chéreau ha poco più di vent’anni) segna l’inizio di un percorso ricco di esperienze culturali e artistiche: giovanissimo, viene chiamato a dirigere il teatro di Sartrouville, nella banlieue parigina. Già in quegli anni la banlieue rappresenta un importante spazio di elaborazione culturale: è in periferia e nei comuni della cintura di Parigi che si costruiscono nuovi teatri e crescono progetti artistici e culturali assai innovativi. Come direttore di questo teatro «di provincia», Chéreau realizza numerose regie di testi classici e contemporanei, risultando vincitore di premi anche nazionali. Ma il suo impegno è multiplo, aperto al lavoro culturale, alla diffusione e alla divulgazione nelle scuole, per portare, anche in territori complicati e periferici, un teatro di altissimo livello. Degli anni a Sartrouville, la mostra propone soprattutto locandine di spettacoli, recensioni sui periodici, ma anche documenti «di lavoro» che possono mostrare al visitatore le differenti fasi della messa in scena di uno spettacolo teatrale.

Il percorso espositivo prosegue, poi, raccontando i nuovi orizzonti toccati da Chéreau nella sua originale traiettoria artistica: il passaggio in Italia, dove monta un’opera lirica in occasione del Festival dei Due Mondi di Spoleto (L’Italiana in Algeri di Rossini) e dove inizia anche una collaborazione importante con il Piccolo Teatro di Milano, curando la regia di due spettacoli sulla rivoluzione. Nel 1972 ritorna invece in Francia per dirigere il Théâtre National Populaire (TNP) di Villeurbanne (sempre in periferia, ma nei pressi di Lione) e diventa uno dei registi più affermati sulla scena nazionale.

I documenti esposti mostrano, da un lato, il lavoro di sperimentazione e di ricerca effettuato da Chéreau nelle sue regie, dall’altro anche la componente «politica» del suo impegno culturale, aperto all’innovazione e ad una concezione democratica della cultura, seguendo la prospettiva tracciata dal suo collega Antoine Vitez, quella di un «teatro elitario per tutti». Tale impegno politico-culturale si concretizza con l’arrivo di Chéreau al Théatre des Amandiers, di cui è direttore fino al 1990. Questo spazio, che Chéreau allestisce e reinventa, si situa nella periferia di Parigi, a Nanterre, e diventa una vera e propria fucina per giovani artisti — e un luogo di grandi innovazioni in ambito teatrale, dove Chéreau si impegna per formare una nuova generazione di giovani teatranti e realizza alcune delle sue regie più famose, come per esempio quelle sui testi di Koltès. Negli anni Novanta e Duemila, l’impegno di Chéreau, oramai diventato uno dei più importanti registi mondiale, prosegue presso l’Odéon di Parigi, ma anche con nuove esperienze, ad esempio quella cinematografica e quella come attore di teatro.

La mostra si apre con un focus sulle letture del giovanissimo Chéreau nel momento del suo primo apprendistato teatrale – testi di Brecht, riviste sul teatro popolare – e prosegue con una vasta sequenza di materiali fotografici tratti dai suoi spettacoli che consentono al visitatore di osservare la notevole estensione del suo lavoro come regista. In seguito, il percorso espositivo ripercorre cronologicamente tutte le tutte le tappe della vita dell’artista, con un apparato documentario assai diversificato: poster di spettacoli o di opere liriche da lui dirette, fotogrammi dei suoi film, quaderni degli appunti che ci mostrano gli aspetti meno conosciuti del lavoro di questo metteur en scene; e poi ancora: rassegne stampa sulle prime degli spettacoli, che permettono anche di ricostruire le reazioni della critica dell’epoca, carteggi fra l’artista e i propri produttori, molti materiali fotografici. La parte centrale della grande sala espositiva è invece occupata da materiali di scena utilizzati da Chéreau: alcuni abiti e un grande vascello utilizzato per la regia del Peer Gynt.

Ogni documento, ogni traccia serve così a comporre la biografia dell’artista, ma soprattutto a illustrare il suo rapporto stretto e fecondo con il panorama culturale ed europeo della sua epoca, mostrando come l’impegno artistico per questo regista abbia una natura profondamente politica. E serve anche a ricomporre alcuni decenni di storia del teatro francese, osservandone da vicino le tendenze, le evoluzioni e i protagonisti.

Per chi volesse sapere qualcosa di più su Patrice Chéreau, è utile ricordare come molti materiali audiovisivi (interviste, riprese di spettacoli, consegne di premi) siano fruibili a tutti sul sito dell’Ina (L’Institut national de l’audiovisuel), una miniera di documenti anche su questo protagonista della cultura francese degli ultimi decenni

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