La produzione editoriale costituisce un vanto dell’Amministrazione archivistica centrale che dal 1951 ad oggi ha pubblicato oltre 600 titoli, ormai quasi tutti liberamente consultabili e scaricabili in internet,  e che, raro esempio nell’amministrazione pubblica italiana, dal 1968 ha potuto contare su un apposito capitolo di bilancio ad essa dedicato.
Nel momento in cui si avvia a conclusione il progetto di digitalizzazione dell’intero catalogo, avviato nel 2007, sembra opportuno richiamare l’attenzione almeno sull’andamento quantitativo di questa produzione e su alcune caratteristiche significative in termini di contenuto.

Tentare l’analisi e il bilancio di una storia editoriale che conta quasi 70 anni di attività richiederebbe infatti ben altro spazio, dovendo prendere in considerazione e incrociare anche i dati relativi alle risorse economiche, al personale e alla struttura operativa dedicati alle pubblicazioni.
I 35 titoli pubblicati nei primi nove anni nella collana Pubblicazioni degli Archivi di Stato sono per la quasi totalità inventari e regesti di fondi statali, con rare eccezioni, tra le quali spicca il volume su Gli archivi dell’Umbria, uscito nel 1957 a cura dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio, l’Umbria e le Marche, che contiene un panorama accurato dell’intero patrimonio documentario della regione, esclusi i soli archivi ecclesiastici.

A questi titoli si affianca, fuori collana, il volume Gli Archivi di Stato al 1952, una relazione sull’organizzazione e sull’attività di tutta l’amministrazione archivistica, realizzata con l’obiettivo di delineare le condizioni degli archivi all’indomani della guerra e di suggerire le misure per migliorarne il funzionamento
Scorrendo gli elenchi dei titoli salta all’occhio che la paternità di ogni opera è sempre attribuita all’Archivio di Stato dove è conservato il fondo che ne costituisce l’oggetto. Con l’eccezione del nome del curatore dei regesti delle pergamene dell’Abbazia di Montevergine, che troviamo indicato fin dal primo volume, nel 1956, solo a partire dal 1960 il nome dell’autore affianca, con la qualifica di curatore, l’indicazione dell’Archivio di Stato, sempre riportata in testa al frontespizio.

Tale particolarità, spia dello spirito di servizio con cui venivano affrontati i lavori all’interno degli istituti, scompare nella nuova collana, i Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato, che prende il via nel 1960 per ospitare lavori di dimensioni ridotte ma tuttavia superiori a quelle di un articolo da destinare alla rivista. Nei primi dieci anni di vita i Quaderni accumulano ben 41 titoli, tra i quali, accanto ad inventari, regesti e guide di fondi statali vediamo comparire  da un lato un certo numero di studi monografici – quali, ad esempio, Gli archivi francesi, di Salvatore Carbone – e dall’altro i primi lavori archivistici dedicati a fondi non statali, a partire da L’archivio vescovile di Fiesole e L‘archivio storico del comune di Portovenere, entrambi del 1962, per proseguire con Le carte di Andrea Costa conservate nella Biblioteca comunale di Imola, edito nel 1964.
Significativo il confronto con la collana principale, dove il primo inventario di un archivio comunale, L’archivio storico del Comune di Santarcangelo di Romagna, uscirà nel 1969. Nello stesso anno sarà dato alle stampe il primo inventario di un archivio contemporaneo, quello di “Giustizia e Libertà” (1915-1945), mentre per avere inventari di archivi di famiglia si dovrà aspettare il 1978, quando usciranno contemporaneamente nei Quaderni quello dei Caracciolo di Torchiarolo e nelle PAS quello dei Tocco di Montemiletto, fondi, è da notare, entrambi conservati in Archivio di Stato.

Nel frattempo un’importante novità nel settore della produzione editoriale era stata introdotta con il dpr 1409 del 1963 che ha dato una nuova organica disciplina a tutta la materia archivistica. All’art. 11 vengono definite la composizione e l’attività del Comitato per le pubblicazioni, che era già operante in linea di fatto, del quale farà parte “il capo dell’ufficio studi e pubblicazioni della Direzione generale degli Archivi di Stato”. All’attività editoriale veniva così dedicato un apposito ufficio, alla cui direzione veniva chiamato Claudio Pavone, che aveva anche curato la redazione del testo della legge.  Sua è l’iniziativa di contribuire alle celebrazioni del primo centenario dell’ Unità con tre volumi che presentano la ricognizione, l’ordinamento e l’inventario di quanto è rimasto de Gli archivi dei governi provvisori e straordinari (I859-I86I). L’opera è degna di nota in quanto costituisce il primo esempio tra le pubblicazioni degli Archivi di Stato di inventari di “carte moderne (considerando tali quelle dall’Unità, o meglio dalla Restaurazione, in poi)”, che “presentano allo storico e all’archivista, dal punto di vista sia della qualità che della quantità, problemi profondamente diversi da quelli sui quali si sono affinate le armi delle tradizionali discipline filologiche”. Inoltre, i volumi sono “opera comune di quattordici funzionari di otto diversi istituti, esempio, anche questo, nuovo, per gli Archivi di Stato italiani, di collaborazione volta a realizzare un piano unitario ed organico”. Dietro queste parole riprese dalla prefazione di Pavone si intravede quella sensibilità per le questioni metodologiche che sfocerà nella circolare del 1966 destinata a dare indicazioni per l’«Uniformità redazionale dei lavori archivistici destinati alla pubblicazione» e che è alla base dell’impianto della Guida generale degli Archivi di Stato italiani, opera collaborativa e di grande impegno sul fronte dell’impostazione e della normalizzazione.
La produzione editoriale fino al 1970 compreso testimonia l’intensa attività di ordinamento effettuata negli Archivi di Stato, i cui fondi sono oggetto della quasi totalità dei 112  titoli pubblicati (71 nei primi venti anni nella collana delle PAS e 41 nei primi dieci della collana Quaderni). Accanto agli inventari, che costituiscono la maggioranza assoluta dei volumi, un settore cospicuo è rappresentato dai regesti delle pergamene rispettivamente dell’Abbazia di Montecassino (11 volumi) e di quella di Montevergine (7 volumi oltre all’inventario dell’archivio cartaceo pubblicato nel 1962 nella collana Quaderni).

Nel 1970 prende anche il via la terza collana Fonti e Sussidi destinata ad accogliere edizioni critiche di fonti, giunta con il 1975 all’ottavo volume.
Negli anni successivi l’uscita delle pubblicazioni prosegue con il consueto ritmo sostenuto, tanto che al 1977 le tre collane si sono arricchite di 40 nuovi titoli ed è stata inaugurata una nuova collana minore, gli Itinerari archivistici, piccole monografie destinate a fornire una descrizione sommaria del patrimonio archivistico conservato da  ciascun Archivio di Stato, la cui pubblicazione si interrompe nel 1995 e conta l’uscita di 21 opuscoli.

Dal 1978 al 1983 la produzione segna il passo, con nove volumi in sei anni, oltre ai quattro fuori collana, perché le risorse economiche e di personale sono interamente assorbite dalla realizzazione della Guida generale degli Archivi di Stato italiani, di cui, dopo un’elaborazione quasi ventennale, escono i primi due volumi nel 1981 e nel 1983. A quel punto è possibile varare un piano di rilancio dell’attività editoriale, che prende forma con la ristrutturazione della collana delle PAS in quattro nuove collane: Strumenti, per inventari, regesti e guide; Saggi, per scritti di teoria archivistica, studi di storia delle istituzioni, atti di convegni; Fonti per le edizioni di documenti; Sussidi per repertori e bibliografie. All’inizio l’andamento è contenuto (27 volumi in cinque anni), ma scorrendo i titoli pubblicati si avverte un panorama di grande vivacità intellettuale, che scopre le fonti per la storia contemporanea e si rivolge a settori disciplinari nuovi, ad esempio con la Guida agli Archivi della Resistenza del 1983, gli atti del convegno L’intervista, strumento di documentazione: giornalismo, antropologia, storia orale e la Guida degli archivi economici a Roma e nel Lazio, questi ultimi due pubblicati nel 1987. Ricordiamo per inciso che a partire da questi anni si assiste a un decollo anche della produzione editoriale dei singoli istituti.

Il 1989 segna la svolta definitiva, con l’uscita di 10 volumi nelle diverse collane, la realizzazione di una mostra di pubblicazioni allestita nella Sala Alessandrina dell’Archivio di Stato di Roma e l’avvio del primo progetto svolto in collaborazione con un istituto culturale esterno all’Amministrazione: la pubblicazione dell’Inventario dell’Archivio del Banco di San Giorgio (1407-1805), di cui usciranno tra il 1989 e il 2001 quattro volumi a cura di un gruppo di studio della Società ligure di storia patria con la collaborazione dell’Archivio di Stato di Genova. In quell’anno è data anche alle stampe l’Agenda degli Archivi, che presenta i documenti più significativi relativi a un tema specifico conservati negli Archivi di Stato, iniziativa di divulgazione proseguita per 25 anni (l’ultima è uscita nel 2007), che ha unito la piacevolezza della veste editoriale al rigore scientifico nella ricerca dei documenti e all’accuratezza con cui è redatta la breve presentazione di ciascuno.

Gli anni successivi vedono un ritmo di uscita di circa 15 volumi all’anno (ma dal 2000 al 2002 saranno più di venti!), reso possibile dall’impegno di uno staff editoriale di più di dieci funzionari  e da una disponibilità di bilancio che nei primi anni Novanta raggiunge un miliardo di lire. Al progressivo ampliarsi delle tipologie documentarie prese in considerazione si affianca la tensione verso l’uniformità nella metodologia descrittiva, che si traduce nella ricerca di normalizzazione delle soluzioni redazionali adottate nei diversi volumi, obiettivo tuttavia non sempre raggiunto, anche per la pluralità degli enti esterni all’Amministrazione coinvolti nei progetti editoriali e talvolta non adeguatamente seguiti.
Lo spartiacque è segnato dalla pubblicazione nel 2003 del catalogo dei Cinquant’anni di attività editoriale (1951-2000), che registra orgogliosamente i risultati raggiunti ma denuncia anche la difficoltà di mantenere quel livello quantitativo e qualitativo per la mancanza del turn over e i tagli di spesa degli ultimi anni, che avevano ridotto lo stanziamento per le pubblicazioni alla cifra di € 275.000, tuttavia altissima rispetto alla situazione attuale.

Sicuramente almeno a partire dai primi anni 2000 la descrizione archivistica ha imboccato la strada dei sistemi informativi, ma a questo radicale cambio di direzione non si è accompagnato quel profondo ripensamento delle modalità e dei fini della pubblicazione cartacea che sarebbe stato necessario. Negli ultimi 15 anni si è assistito invece al declino progressivo dell’attività editoriale, da attribuire al sensibile calo di interesse da parte dell’Amministrazione, che si è tradotto nella soppressione di un’unità autonoma dedicata, nella vertiginosa diminuzione del personale, nel quasi azzeramento dei fondi, ridotti per il 2019 a  € 14.000.

Fa tuttavia sperare nella possibilità di ripresa di un’attività che ha alle spalle una tradizione così prestigiosa l’apporto di forze nuove fornito dall’immissione dei giovani colleghi entrati con il concorso finalmente realizzato due anni fa, che portano un contributo di alto livello culturale e una ventata di entusiasmo e desiderio di impegnarsi per realizzazioni di buona qualità.

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